LA VITA TRISTE DEL PAGLIACCIO
Conserva la maschera e le vesti
quando viene sera, il pagliaccio.
Accende una sigaretta sorseggiando del rum
guarda fuori dalla piccola finestra
e medita, medita.
Quando è solo senza il trucco
non deve più far ridere alla gente, il pagliaccio
e trema di malinconia
sogghignando dinnanzi ad uno specchio
rimirando la sua triste figura.
Passa il giorno a mostrarsi gioioso
eroe della fanciullezza
fuori ride l'aspetto
mentre irriso piange nel cuore.
Non ha madre, non ha padre
nemmeno una donna al suo fianco, il pagliaccio
abbandonato per il disprezzo del suo mestiere
lo volevano dottore o avvocato
e invece e lì nel circo con il sorriso stampato
Di notte, su un tavolino
disegna sotto la luce fioca di un lume
un'altra vita con i versi
di una rima inventata, il pagliaccio
E ciò che è, ciò che desidera
ciò che odia e detesta
a nulla serve, a nessuno importa
deve sol far ridere il pagliaccio
Non ha nome nè identità
il suo viso è sol colore
non deve essere romantico
non importa se forse ama
la sua vita deve passar così
a continuar in buffonate
le sue misere giornate
Non ha viso, nè identità
'E' morto il nostro pagliaccio...
cosa facciamo?'
Incazzato per la morte improvvisa
e senza avviso il direttore:
'Diavolo trovane un altro!'
Non ha viso, non ha identità, il pagliaccio
nessuna lacrima, nessun fiore
sulla scena sarà sempre lì
senza viso, senza identità, il pagliaccio.